Blue Valentine

di Arnaldo Casali

Un Valentino forse un po’ triste, come nel capolavoro di Tom Waits. Sicuramente penitente. Con un fuoco di passione che cova sotto la cenere, capace ancora di scaldare i cuori ma non di unire i propri cittadini sotto un unico progetto.

Quello del 2024 è un San Valentino dall’impatto profondamente simbolico. Se la coincidenza con il Mercoledì delle ceneri ne ha “neutralizzato” la festa ma evidenziato la devozione, l’assenza di un sindaco dimissionario ne ha aumentato l’amarezza, e l’incapacità di creare un programma condiviso da istituzioni, associazioni e centri culturali stigmatizza forse la rassegnazione a non voler fare del Patrono degli innamorati il portavoce della (fu) Città dell’Acciaio.

Anche solo fare una passeggiata per il centro cittadino rende l’idea dell’assurda contrapposizione tra la festa patronale e il giorno degli innamorati: da una parte il nuovissimo drappo voluto da Comune e Diocesi per accogliere l’urna del Santo; dall’altra le bancarelle e le luminarie piene di cuori.

Nessun logo, però, ad unire le due celebrazioni, nessuna mascotte, nessun testimonial, nessun progetto di marketing territoriale. Tutto questo in un anno in cui il turismo – paradossalmente – è cresciuto moltissimo in città e le chiese si sono riempite per le due messe solenni celebrate dal Vescovo in Cattedrale e in Basilica. E a fronte del provincialismo con cui si ripete ossessivamente che bisogna far sapere al mondo che san Valentino è di Terni, a Terni arrivano il Tg2 Dossier, la Televisione francese, il Washington Post e quotidiani nazionali a raccontare la festa, la città e il suo patrono.

Il mondo sa benissimo che san Valentino è di Terni. È Terni che non sa ancora chi è san Valentino. E lo vuole ancora nemico di sé stesso: quello della storia contro quello delle tradizioni, l’evangelizzatore martire contro il patrono degli innamorati, l’un contro l’altro armato. Come se non ne avesse già subite tante, di persecuzioni – il povero santo – da vivo e da morto, da sepolto e da riesumato, con l’urna letteralmente strattonata da tutte le parti perché di Valentino tutti se ne vogliono appropriare e nessuno condividerlo, tutti lo rivendicano e nessuno ne è davvero innamorato.

«Abbiamo dato un volto al Santo» ha dichiarato l’assessore Michela Bordoni presentando i dipinti di Giovanni Gasparro, rompendo una lunga tradizione che voleva che san Valentino in Comune si festeggiasse solo con i cuoricini e rigorosamente senza santo, e rispondendo anche – forse – al titolo della mostra organizzata lo scorso anno dall’Istess, chiamata proprio Il Santo senza Volto.

Un volto, il Santo, lo sta dunque acquistando, grazie a chi non si arrende a seppellirlo di nuovo o a lasciarlo incartato dentro un cioccolatino. Di testimonianze a proposito non mancano: dalla realizzazione di un film al CiccioValentino di Simona Zoo, dal progetto con MSC Crociere alla mostra sull’amare organizzata dalla Fondazione Carit.

Quanto all’Istess – anche in solitaria – continua a fare la sua parte, con l’apertura al Cenacolo San Marco della “Casa di San Valentino” e la terza edizione del Premio San Valentino e del Valentine Fest, che quest’anno si sposta un po’ avanti: per lasciare spazio alle celebrazioni della Quaresima, ma anche per sottolineare ancora una volta che Valentino è morto il 14 febbraio, ma ha vissuto durante tutto il resto dell’anno. E durante tutto l’anno deve vivere e continuare a proteggere chi ama. Con buona pace di chi lo vorrebbe divorziato anche da sé stesso.

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IL PROGRAMMA DEL VALENTINE FEST

PREMIO SAN VALENTINO 2024