Popoli e religioni

La verità sta in cielo

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di Arnaldo Casali

Quando papa Francesco è stato eletto e ha subito dimostrato di voler dare una svolta alla Chiesa mi sono permesso – in cuore mio – di esprimere tre desideri: la democratizzazione della Chiesa, la beatificazione di Oscar Romero e la verità su Emanuela Orlandi.

Il processo di democratizzazione è iniziato, Romero è stato beatificato. Su Emanuela Orlandi papa Francesco ha sicuramente mostrato attenzione, ricevendo il fratello Pietro a cui avrebbe detto: “Emanuela sta in cielo”.

Proprio da questa frase – l’unica verità rivelata sul destino di Emanuela, che mette fine a tante illazioni che si sono susseguite in più di trent’anni – è partito Roberto Faenza per il titolo del suo film sul caso Orlandi.

Un film importante, coraggioso, che va visto perché riporta sotto i riflettori uno dei grandi misteri italiani e vaticani. Un film che ha sicuramente il merito di fare il punto su questo caso e mantenere viva l’attenzione.

Purtroppo, però, se Alla luce del sole – operazione per certi versi simile, dedicata all’assassinio di don Pino Puglisi – era un capolavoro, questo è un film che funziona solo a metà. Forse anche meno.

Faenza è eccellente quando ricostruisce la Roma e il Vaticano degli anni ’80, la Banda della Magliana, i legami da Marcinkus e Calvi e dosa bene le immagini di repertorio, ma inciampa goffamente quando affronta l’inchiesta portata avanti ai giorni d’oggi da una giornalista italiana che lavora per un’emittente inglese.

E’ pazzesco perché sembrano quasi due film: da una parte un sapiente mix tra Romanzo criminale e Il Divo, dall’altra un penoso prodotto che sfiora l’amatoriale.

Tanto è perfetto Riccardo Scamarcio nei panni di Renatino De Pedis quanto sono fuori luogo le giornaliste Maya Sansa e Valentina Lodovini, che mentre estorcono confidenze pare che stiamo leggendo il telegiornale, e sono servite – d’altra parte – da una pessima sceneggiatura che sembra mescolare le sequenze quasi a caso e senza un briciolo di ritmo, suspance e quegli oscuri complitti vaticani solo vagamente evocati. Addirittura imbarazzante è il dialogo tra la giornalista (immaginaria) interpretata da Sansa e il vero Pietro Orlandi nei panni di sé stesso.

Se Faenza avesse scelto la strada della docu-fiction e avesse fatto intervistare veramente Orlandi da Maya Sansa il prodotto sarebbe stato suggestivo e più interessante. Invece Orlandi – che peraltro dice solo banalità – finisce per sembrare più finto della giornalista finta della Sansa.

D’altra parte, a scorrere i titoli di coda, l’impressione è che Faenza si sia preoccupato decisamente troppo di fare contente  le sue fonti, e cioè la famiglia Orlandi (nel cast figura persino Elettra, figlia di Pietro e già in cerca di celebrità a X Factor) e la giornalista di Chi l’ha visto Raffaella Notariale, co-autrice della sceneggiatura e co-protagonista del film, interpretata da Valentina Lodovini. Protagonista anche di un paradosso, peraltro, visto che quasi tutto il film racconta l’intervista della giornalista immaginaria alla Notariale.

Ma si è vista mai al mondo una giornalista che per fare un’inchiesta raccoglie l’80% delle informazioni da una sua collega?

Non sarebbe stato meglio, a questo punto, abolire la giornalista finta (e il suo ridicolo capo interpretato da Shel Shapiro) e affidare l’intera inchiesta alla stessa Notariale?

Se Faenza non l’ha fatto forse è perché – a sua volta – l’unica fonte della Notariale è Sabina Minardi, ex amante di De Pedis (interpretata da Greta Scarano: anche lei perfetta nelle scene d’epoca e ridicola in quelle contemporanee sotto un trucco pesantissimo che vorrebbe invecchiarla e imbruttirla). Minardi finisce per essere la terza grande protagonista del film: è lei a raccontarci quello che è accaduto a Emanuela Orlandi: peccato però che la sua testimonianza – molto contraddittoria – è stata dichiarata inattendibile dai magistrati che hanno indagato sul caso.

Insomma un film importante e coraggioso, ma forse poco meditato, scritto e girato in fretta per inseguire la chiusura del processo e far contenti membri della famiglia Orlandi in cerca forse più di notorietà che di verità.

Un lavoro più elaborato e meno riverente nei confronti della Notariale e degli Orlandi avrebbe fatto passare questo film alla storia. Invece passerà al massimo alla cronaca.

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