Popoli e religioni

The Startup: il nuovo prototipo di Alessandro D’Alatri

di Arnaldo Casali

C’era un ragazzo che nuotava sott’acqua immerso nel blu, nella scena finale di Sul Mare; C’è un ragazzo che nuota sott’acqua, immerso nel blu, nella scena iniziale di The Startup, il film che segna il ritorno al cinema di Alessandro D’Alatri dopo sette anni.

Dove eravamo rimasti – sembra dire ai suoi spettatori più fedeli il regista Angelo alla carriera Popoli e Religioni nel 2008 – mettendo fine al lungo silenzio che lo ha tenuto lontano dalle sale. Sette anni lunghissimi, fatti di teatro, pubblicità, videoclip, progetti sociali:  Tra Sul Mare (premio del pubblico al Terni Film Festival nel 2010) e The Startup, che esce giovedì 7 aprile 2017  – ci sono infatti ben 7 regie teatrali, celebri spot pubblicitari (da quelli con Michelle Hutzinker e John Travolta per la Telecom al Paradiso Lavazza con Enrico Brignano), la direzione del Teatro Stabile d’Abruzzo e la web serie La scuola della notte interamente girata in carcere e appena pubblicata su Rai Play.

                                                                                                       Alessandro D’Alatri

Curiosamente, sotto il profilo produttivo il nuovo film è addirittura agli antipodi rispetto all’ultimo, ma le assonanze tra le due opere sono innumerevoli: se Sul mare era stato prodotto dallo stesso D’Alatri e aveva incontrato enormi difficoltà nella distribuzione, The Startup nasce su un modello opposto “e abbastanza insolito in Italia” come ha fatto notare lo stesso regista in conferenza stampa. L’idea del film è stata infatti del produttore – Luca Barbareschi – che ha commissionato la sceneggiatura a Saverio D’Ercole e Francesco Arlanch e successivamente la regia a D’Alatri, con cui aveva già lavorato a teatro.

Celebre soprattutto come attore, ma anche regista, produttore e direttore del Teatro Eliseo, Barbareschi aveva affidato a D’Alatri la regia dello spettacolo teatrale China Doll che ha debuttato a Roma un anno fa esatto. E The Startup rappresenta il primo prodotto di un nuovo progetto che vede unificate tutte le realtà produttive guidate da Barbareschi sotto il marchio Eliseo: è il film che segna infatti il passaggio dalla vecchia Casanova multimedia al nuovissimo Eliseo Cinema, che si va ad affiancare ad Eliseo Teatro, Eliseo Fiction, Eliseo Cultura, Eliseo Cucina e altro.

                                                                         Luca Barbareschi, produttore del film

Così lontani e così vicini, Sul mare The Startup appaiono come due facce della stessa medaglia: innanzitutto, pur avendo origini diametralmente opposte, hanno in comune di essere gli unici film di cui il regista ha curato la sceneggiatura basandosi su un soggetto scritto da altri: nel primo caso era il romanzo di Anna Pavignano, nel secondo il primo trattamento di Arlanch e D’Ercole. Entrambi i film sono ispirati a personaggi reali, contemporanei e giovanissimi. Anche se ben diversi tra loro: da una parte un barcaiolo e muratore di Ventotene, dall’altra un bocconiano e imprenditore di Roma, da un parte un ragazzo che vive a contatto con la natura senza alcuna ambizione, dall’altra un giovane rampante e megalomane; da una parte un ragazzo che forse non ha mai nemmeno realizzato pienamente di aver ispirato un romanzo e un film (in cui, peraltro, fa la comparsa), dall’altra un abile stratega che promuove in prima persona il suo biopic e pubblica in contemporanea con l’uscita un’autobiografia con lo stesso titolo.

                                                                 Matteo Achilli, fondatore di Egomnia


                                                   Andrea Arcangeli interpreta Matteo Achilli

Entrambi i film si avvalgono di un cast di giovani praticamente sconosciuti, ed è una scelta di grandissimo coraggio nel desolante panorama cinematografico italiano che utilizza sempre le stesse facce nella speranza di attrarre il pubblico. Peraltro in entrambi i film le milanesi non ci fanno una bellissima figura, ritratte come ragazze snob e figlie di papà, contrapposte alla ben più genuina popolazione laziale. Stereotipi? Forse, ma considerando che D’Alatri è un romano che ha lavorato molto a Milano, gli si può dare un po’ di credito.

Eppure, due giovani. Due giovani lavoratori, due giovani innamorati. Perché come Sul mare, anche The Start-Up è una storia sul lavoro ma soprattutto una storia sull’amore, e un amore a distanza:  in questo caso quello tra Matteo, che lascia Roma per andare a studiare alla Bocconi, e la fidanzata Emma; un amore che deve resistere in mezzo alle tante tentazioni della metropoli, personificate dalla milanese Cecilia interpretata da una magnetica Matilde Gioli.

Matteo Achilli con Paola Calliari, che interpreta la sua fidanzata Emma

Achilli è un figlio della borgata romana a cui i continui soprusi subiti (il licenziamento del padre, l’esclusione dai campionati di nuoto) in un paese dove si vive di raccomandazioni, fanno venire un’idea geniale: creare un social network – Egomnia – in grado di generare meritocrazia. Come? Assegnando agli iscritti un punteggio calcolato attraverso il curriculum e mettendolo a disposizione delle aziende.

Il sogno, la realizzazione, la crescita della startup accompagneranno il percorso di perdizione e di redenzione di un giovane ambizioso che non fatica a montarsi la testa. E in questo possiamo dire che il film è senza dubbio molto fedele alla realtà: basta ascoltare il vero Achilli per rendersene conto. D’altra parte lui stesso, alla conferenza stampa di lunedì 3 aprile al Teatro Eliseo, ha confessato che il suo più grande nemico è la presunzione.

                                                                                                          Matilde Gioli è Cecilia

Definito da molti media come lo “Zuckerberg italiano”, dal 2012 Matteo Achilli ha visto crescere la sua fama assai più della sua azienda e questo gli ha creato ovviamente molti nemici, tanto che l’uscita del film ha sollevato una valanga di polemiche, a cui ha risposto lo stesso Achilli durante la conferenza stampa che avrebbe dovuto presentare il film ma di cui è stato protagonista assoluto proprio il giovane imprenditore.

A leggere gli articoli degli analisti del settore, più che lo Zuckerberg italiano, Matteo Achilli sarebbe il Giovanni Allevi o il Roberto Saviano dell’imprenditoria: ovvero un bluff, un simbolo da applaudire, un profeta del nulla,  una sagoma vuota, una celebrità priva di meriti concreti: la stessa Egomnia non sarebbe nemmeno una vera e propria startup, ma solo una bella storia da raccontare per fare notizia, e il film di D’Alatri – di conseguenza – nient’altro che una mega pubblicità dell’azienda e del suo fondatore.

Certo è che se Barbareschi e Achilli avevano bisogno di uno spot, si sono rivolti alla persona giusta: non solo perché D’Alatri è il più grande regista di pubblicità che c’è in Italia, ma perché è un talento puro in grado di trasformare in arte tutto quello che tocca.

Perché la verità va detta: un progetto come questo, messo in mano ad un regista mediocre, poteva venire fuori un prodotto inconsistente se non imbarazzante, mentre l’autore di I giardini dell’Eden e Commediasexi ne ha fatto un film d’autore, che pur essendo il primo lavoro su commissione realizzato dai tempi del debutto con Americano rosso, diventa un’opera molto personale, che abbandona la strategia di marketing per concentrarsi sui temi cari al regista romano: l’amore (non stucchevole, sentimentale e romantico, ma puro, faticoso, delicato, sudato, autentico), una profonda etica, le dinamiche familiari, la meritocrazia, appunto, mentre rispetto ai lavori precedenti rimane sullo sfondo la questione religiosa, che traspare nei valori che il film difende con le unghie e con i denti.

Ad ogni modo, se Achilli è lo Zuckerberg italiano e D’Alatri il Fincher tricolore (con il collega americano il nostro condivide senza dubbio la mano ferma e la poliedricità che gli permettono di affrontare generi molto diversi – ma anche la provenienza “anomala” rispetto ai percorsi abituali dei registi: D’Alatri arriva dalla pubblicità, Fincher dagli effetti speciali), un pochino forse The Startup gioca effettivamente a fare il The social network italiano. L’assonanza del titolo con quello del film di Fincher sulla nascita di Facebook non può essere certo un caso; anche se si tratta indubbiamente di operazioni molto diverse: The social network raccontava la nascita del più importante sito internet del mondo, con toni peraltro estremamente critici nei confronti del suo fondatore e una grandissima libertà di invenzione (per dirne una, la fidanzata di Zuckerberg di cui si parla nel film e che sarebbe all’origine della nascita del sito, in realtà non è mai esistita), mentre The Startup racconta la storia di un’azienda ancora in gran parte sconosciuta, tanto che i detrattori di Achilli più che un manager cinico e spietato (come Zuckerberg o Jobs) lo considerano una figura inconsistente e narcisa.

                                                           Luca Barbareschi e Matteo Achilli

D’altra parte il film di D’Alatri si dichiara molto più fedele alla storia reale di quanto non facesse quello di Fincher. La fidanzata, per dire, in questo caso sarebbe assolutamente reale e la sua foto compare nei titoli di coda. Quel che è certo è che The Startup è un’opera molto “americana” se non altro perché è difficilissimo vedere in Italia un film che racconta una storia vera facendo nomi e cognomi. Da noi c’è questa mania di dover sempre reinventare le situazioni e cambiare i nomi ai personaggi: da Il muro di gomma al film in uscita sulla vita di Andrea Bocelli è sempre così. Mentre in America ogni anno escono decine di film dedicati alla storia contemporanea (tra gli ultimissimi, per dirne un paio, Il diritto di contare – la cui protagonista ha affiancato la sua interprete alla Notte degli Oscar, e Sully con Tom Hanks, la cui promozione ha visto addirittura il vero Sully interpretare un film-parodia su Tom Hanks!) in Italia se ne fanno pochissimi e sempre restando sul vago. Tanto che persino Sorrentino, dopo la straordinaria eccezione del Divo è partito per la tangente con il suo iper-immaginario papa giovane che niente racconta della ben più interessante realtà del Vaticano.

In fondo forse  la magia di The Startup è proprio questa: essere un film fedele alla realtà che racconta e al tempo stesso un archetipo di storia generazionale,  vicenda di un giovane imprenditore contemporaneo e romanzo di formazione, totalmente affabulatorio e al tempo stesso totalmente reale, insieme celebrazione e critica di Matteo Achilli. E tutto questo D’Alatri lo fa con passione, inventiva, ritmo, intensità, senza una sbavatura, senza una caduta di stile, senza retorica, senza una battuta fuori posto: The Startup è una macchina da guerra, a cominciare dalla sceneggiatura firmata con Francesco Arlanch, anche lui vecchia conoscenza del Terni Film Festival: dieci anni fa fu tra i protagonisti del focus francescano come autore della fiction Chiara e Francesco con Ettore Bassi. Il cast, tutto in stato di grazia, è capeggiato dallo straordinario Andrea Arcangeli, classe 1993, al suo debutto nel cinema dopo una carriera già bene avviata in televisione, affiancato da un’intensa Paola Calliari (anche lei quasi al debutto), Gioli (forse l’unica vera celebrità del cast, ha al suo attivo – tra l’altro – Il Capitale umano di Virzì e Belli di papà di Chiesa, oltre che il Rischiatutto di Fabio Fazio), Luca Di Giovanni (che ha un ruolo molto simile a quello che ebbe Andrew Garfield nel film su Facebook – e che vedremo anche in In arte Nino, fiction in fase di post-produzione e presentata all’ultima edizione del Terni Film Festival), Massimiliano Gallo nel ruolo del padre (Mozzarella stories e Pecore in erba, tra i tanti film interpretati) mentre nel ruolo del rivale Niccolò troviamo Guglielmo Poggi, protagonista del film Il nostro ultimo di Ludovico Di Martino, menzione speciale all’edizione 2016 del Terni Film Festival.

Luca Di Giovani è Giuseppe Iacobucci, sviluppatore di Egomnia

Come in tutti i film di D’Alatri, poi, un ruolo fondamentale lo riveste la colonna sonora, che non si limita a fare da sottofondo ma è parte integrante della narrazione. A firmare il commento tornano Pivio e Aldo De Scalzi  – già autori della memorabile musica di I giardini dell’Eden – mentre per le canzoni il regista continua ad affidarsi a giovanissimi con Ginevra (che ricorda molto Elisa, autrice della colonna sonora di Casomai), Alice Paba e Nesli, fratello minore di Fabri Fibra che fa pensare invece a Jovanotti, che – da parte sua –  aveva fatto, come attore, proprio I giardini dell’Eden.

Infine, una piccola curiosità giusto per chiudere il cerchio. Se The Startup è il film più social di D’Alatri, il modello The social network uscì proprio nello stesso anno di Sul mure, film per promuovere il quale il regista si iscrisse a Facebook, scoprendo in prima persona il social network, poco prima che Achilli fondasse Egomnia.